22.7.08

L'insonnia e l'insolito



Dormire solo dall'una alle tre di notte la sera prima di un esame, ma non per l'agitazione, per altri pensieri; continuare a bere e continuare ad avere sete; farsi una doccia di notte nel tentativo di addormentarsi peggiornado così la situazione; rialzarsi, disegnare il progetto per una casa, tornare a letto senza risultati e accorgersi quindi verso le sei che sta ricominciando a piovere.
Alzarsi definitivamente, questa volta perchè la giornata sta iniziando.
Avere i brividi e le punte dei piedi non troppo felici, in casa ci sono 23°.
Vegetare un pò davanti alla tv accorgendosi che anche alle sei e mezza fanno sensazionalismi sulla cronaca nera asserendo che "di sera in Italia sopravvivere è già un privilegio", uau mi è andata bene anche sta volta.
Sentire il vento che entra dalle finestre spalancate, scorgere il sole dietro alle case, avere voglia di uscire.
Mettersi la felpa (e accorgersi che è freddo anche così, maledetti braghini), ricordarsi le chiavi di casa, uscire. Trovare per caso il benzinaio "di fiducia" al bar, salutarlo come si salutano i compaesani nei paesini di provincia.
Sento il profumo della montagna, il profumo del verde, il vento che saluta i mattinieri già in giro, aria pulita che entra nel naso quasi spontaneamente, senza farsi troppo pregare. A Bologna stamattina si sta bene. Buongiorno.


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18.7.08

Ancora bufera nel ciclismo



Un altro caso di doping al tour de france. Questa volta è un italiano, e non un italiano qualsiasi, è Riccò. Lui, la nuova promessa, lui, il cobra, capace di guadagnare 1.26" alla fine di una salita sul gruppo maglia rosa, lui, che ha l'ematocrito alto per natura (ma a questo punto sarà vero?) e che quindi ha fatto fatica a diventare professionista. Io ho già parlato altre volte del doping, ho detto tutto quello che pensavo e che penso, adesso rimane una citazione: "Il doping al tour de france è un pò come il panettone a Natale, non può mancare", by Comandante Nebbia.
Riporto paro-paro il commento che ho scritto su un "blog amico" stanotte quando ho scoperto la cosa.

Nooooo... Sono appena tornata a casa, lavoro più festa di laurea, e scopro da te questa cosa... Del resto, proprio dopo la seconda tappa vinta da Riccò, l'unica del tour che ho guardato, ho badato alla media tenuta dai corridori per vedere se erano vere tutte le storie dei telecronisti che raccontavano che il ciclismo era pulito perchè al giro d'italia andavano piano. Ebbene, nonostante fosse una tappa di montagna hanno tenuto i 42 virgola qualcosa di media, e allora ho capito. Perchè ormai non servono più i controlli antidoping, per uno che ne beccano ce n'è altri 200 che non trovano, l'ipocrisia sta nel considerare "sporco" solo quello sfortunato. E adesso, dopo che i nostri telecronisti hanno dato addosso all'altro corridore arrestato al tour (non mi ricordo come si chiama) aspetto proselitismi in difesa di Riccò. Poveretto, quasi lo difenderei anch'io, giovane com'è, accalappiato da un sistema in cui lui, minuto com'è, poteva solo ambire a sopravvivere. Illusione svanita.
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12.7.08

Questa effettivamente ci mancava


Da repubblica.it

PECHINO - Niente cani alle Olimpiadi, almeno nei piatti dei ristoranti. Turisti e sportivi non potranno gustare la carne di cane, un piatto prelibato in estremo oriente. Una decisione che serve a salvaguardare le sensibilità occidentali: chi non avrebbe un mancamento trovandosi nel piatto un lontano "parente" del caro Fido lasciato a casa?
La notizia è stata diffusa dal blog di Han Yue, dove si legge che l'Ufficio per la Sicurezza degli Alimenti di Pechino ha stabilito che i 112 ristoranti e alcuni hotel olimpici della capitale - con tanto di lista - non potranno servire carne di cane per non urtare la sensibilità di atleti e turisti stranieri.
Anche gli altri ristoranti della città, in particolare quelli specializzati in cucina delle province dello Yunnan e del Guizhou e coreana, sono stati esortati dalle autorità a non servire il cane. L'Ufficio ha annunciato controlli su tutti i punti di ristorazione di Pechino.
La carne di cane viene cucinata e mangiata in Cina fin dai tempi di Confucio (551 A.C.), e oggi è consumata sopratutto nella comunità coreana (che a Pechino è abbastanza consistente considerando che ci vivono circa 100 mila coreani). In passato si mangiava il cane nelle situazioni di penuria alimentare, in tempi più recenti è stata apprezzata per il presunto beneficio alla circolazione del sangue e all'energia Yang (polarità positiva opposta e complementare alla negativa Yin secondo la filosofia cinese), e oggi è considerata un piatto ricercato, anche se è sempre meno diffusa sia per l'alto costo che per l'avvicinamento della Cina al nostro Occidente.
L'attenzione agli ospiti stranieri però non ha alleggerito i pesanti vincoli protezionisti ancora presenti per prodotti della gastronomia Made in Italy: la mozzarella di bufala campana Dop, altri formaggi freschi e a pasta filata non saranno sulle tavole di Pechino durante la quarantena imposta per la durata dei Giochi. Addirittura per i prodotti ortofrutticoli freschi, come mele e kiwi, ci sono stati ostacoli di carattere burocratico, sanitario ed amministrativo, che hanno impedito sinora le spedizioni.


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9.7.08

Ritorno alla "normalità"?

Ok, il Pinguino è tornato sano...Sospendo la protesta pechè il sito in questione è tornato ieri online, rimangono misteriose certe cose, comunque stiamo vivendo in un periodo difficile.
Non ho altre dichiarazioni da rilasciare. Continua...

7.7.08

Vorrei che questo blog fosse offline

Non so come si fa a mettere un blog offline con blogger, per cui l'unica cosa che posso fare è mostrare un solo post, con lo sfondo nero del buio totale. Per protesta.
Per protesta perchè in questi tempi è d'uso chiudere siti o blog che fanno INFORMAZIONE o SATIRA. La protesta è perchè hanno chiuso il blog di JP, che ha pubblicato una finta telefonata tra Saccà e Berlusconi, facendo evidentemente satira. Lascio a voi giudicare, per spiegare la verità basta una parola, incomincia per "d", finisce per "a", andava di moda in Europa negli anni 30-40, 9 lettere.
Immagino che i giornalisti intelligentissimi e coltissimi che abbiamo qui in Italia sappiano rispondere subito all'indovinello.
E adesso, oscurateci tutti. Tanto noi abbiamo mezzi per risolvere le cose o per andarcene, voi continuerete a rotolarvi nella merda che avete creato. Non vale neanche la pena sprecare fiato o lettere per insultarvi.
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5.7.08

Huzaifa Parhat, cinese: Liberatelo, trasferitelo, aprite un nuovo processo. Ma non lasciatelo a Guantanamo, perché non ha colpe


Vi ricordate di quando avevo parlato dei presunti attentati in Cina ad opera dei separatisti Uighuri? Vi ricordate che c'era quella strana coincidenza, cioè che dopo che la Cina aveva dichiarato guerra al "terrorismo islamico" gli Stati Uniti l'avevano cancellata dal loro "libro nero"?
Bene, adesso Il Manifesto riporta la storia di uno di questi Uighuri detenuto senza aver avuto un reale processo a Guantanamo. L'articolo è di Matteo Bosco Bortolaso, l'ho trovato sul blog Pensatoio.

Liberatelo, trasferitelo, aprite un nuovo processo. Ma non lasciatelo a Guantanamo, perché non ha colpe. Secondo la corte d'appello federale di Washington, Huzaifa Parhat - rinchiuso nella famigerata prigione cubana per più di sei anni - non è un enemy combatant, un combattente nemico pericoloso per gli Stati Uniti. La decisione arriva dopo pochi giorni da una storica sentenza della Corte Suprema su Guantanamo ed è la prima del suo genere. Più di 190 detenuti hanno fatto appello per scrollarsi di dosso la terribile etichetta di enemy combatant, che equivale ad una condanna indefinita nel carcere cubano.
I tre giudici di Washington - David B. Sentelle, Merrick B. Garland, Thomas B. Griffith - hanno deciso che Parhat, il primo detenuto di cui si è discusso, deve riavere la libertà, o almeno un giusto processo. Il prigioniero è uno uiguro, un musulmano originario del nordovest della Cina. Parhat sarebbe legato al movimento islamico del Turkestan orientale, che chiede l'indipendenza da Pechino. Il gruppo musulmano, secondo Washington, ha legami con al Qaeda. Per questo motivo Parhat, un ex venditore di frutta, era stato arrestato in Afghanistan nel 2001, dopo l'attacco a New York e Washington.
Con quale accusa? «Si stava addestrando in un campo di terroristi nella regione di Tora Bora, dove gli uiguri espatriati dalla Cina si esercitano con armi di piccolo calibro», si legge nelle carte di Guantanamo. Il campo, secondo gli inquirenti, sarebbero stato fondato dai talebani, se non addirittura da da Osama bin Laden.
Lo stesso governo degli Stati Uniti, però, ha riconosciuto che i prigionieri uiguri a Guantanamo non sono una minaccia per l'America. Forse il campo d'addestramento c'era, ma l'obiettivo poteva essere Pechino. Non Washington. La vicenda, però, non è affatto chiara. Della storia di Parhat non si sa molto. Pochi dati dal database del carcere. Numero seriale di internamento: 320. Luogo di nascita: provincia di Ghulja, nella regione «autonoma» cinese dello Xinjiang. Data: 11 febbraio 1971. A Guantanamo indossa un'uniforme beige, segno che è stato classificato come «livello uno», un prigioniero dalla buona condotta. La famosa uniforme arancione vuol dire invece detenuto «neutrale», quella bianca «crea problemi».
I giudici non possono discutere in pubblico i dettagli della storia del prigioniero, coperti dal segreto militari. I magistrati, comunque, hanno promesso che pubblicheranno una versione ridotta dei documenti processuali.
Quel che è certo e già pubblico è che la corte chiede al governo che il prigioniero venga liberato: contro di lui non sono state prodotte abbastanza prove. «È un giorno straordinario, è una corte molto conservatrice - commenta a caldo Sabin Willet, l'avvocato del detenuto - Parhat non può nemmeno conoscere questa decisione perché si trova in isolamento».
«È il primo caso che si muove in avanti - sottolinea David Cole, professore di legge costituzionale alla Georgetown University a Washington - stiamo parlando di qualcuno che i militari hanno trattenuto per sei anni e la corte federale ora dice che non doveva essere imprigionato». «Senza un controllo giudiziario indipendente - continua il professore - sarebbe potuto rimanere lì per altri 10, 15 anni. Ora ha un'occasione per cercare la libertà».
Ma l'occasione per la libertà non è assicurata. Ci sono non pochi problemi tra i 17 uiguri rinchiusi a Guantanamo e la Cina, il Paese che dovrebbe riprenderseli. Nel 2006, altri cinque uiguri furono trasferiti in Albania. Secondo Usa, in Cina li aspettava una brutta fine. Processati, se non peggio.
Che succederà a Parhat e ai suoi sedici compagni di sventura? Il dipartimento della giustizia ha fatto sapere che sta «studiando la decisione della corte e considerando le nostre opzioni». Secondo il Los Angeles Times, si tratta di un bel «mal di testa legale e diplomatico per l'amministrazione Bush, che non riesce a trovare un Paese che li accetti».
La decisione della corte federale è stata presa in base a un ricorso fatto secondo il Detainee Treatment Act, legge del 2005 che garantiva ai prigionieri una revisione giudiziaria sul loro status di enemy combatants. I diritti dei detenuti sono stati ampliati dalla recente decisione della Corte Suprema.


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